Salem House era un edificio di mattoni, quadrato, con ali, di aspetto semplice e nudo. Spirava una tal pace intorno, che dissi al signor Mell che certo i convittori dovevano essere usciti; ma egli parve sorpreso che non sapessi che era tempo di vacanze. Tutti i ragazzi erano ritornati alle case loro. Il signor Creakle, il proprietario, era al mare con la signora e la signorina sua figlia.
Io ero stato mandato colà nelle vacanze, in pena del mio misfatto. Tutto questo egli mi spiegò, camminando.
Guardai la classe in cui mi condusse, e mi parve il luogo più abbandonato e desolato che avessi mai veduto. Mi sembra di rivederla: una lunga sala, con tre lunghe file di piccoli scrittoi e sei di panche, e irta intorno intorno di pioli per i cappelli e le lavagne. Brani di vecchi quaderni e di compiti lacerati sono disseminati per il pavimento polveroso. Altri brandelli di carta, che avevano servito a dare alloggio ai bachi da seta, sono sparsi sui tavolini. Due poveri topolini bianchi, abbandonati dai loro padroni, corrono su e giù in un sudicio castello fatto di fil di ferro e di cartapesta, cercando in tutti gli angoli, coi loro occhietti rossi, qualche cosa da mangiare. Un uccello, tenuto in una gabbia appena più grossa di lui, fa di tanto in tanto un lugubre strepito saltando sul posatoio, alto due pollici, o cadendone; ma non canta, né cinguetta. V’è uno strano tanfo in tutta la stanza, come di fustagno vecchio, di mele rinchiuse e di libri muffati. Se fosse stata lasciata senza tetto al tempo che fu costruita e i cieli vi avessero piovuto, nevicato, grandinato e soffiato inchiostro in tutte e quattro le stagioni dell’anno, non ne sarebbe schizzato in tanta abbondanza per tutti i lati.
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House Mell Creakle
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