– Per piacere, signore – balbettai – se mi potesse esser concesso (son veramente pentito, signore, di ciò che ho fatto) di togliermi questa scritta, prima che tornino i ragazzi...
Non so se il signor Creakle facesse sul serio, o soltanto con lo scopo di spaventarmi, ma diede un tal balzo dalla sedia, che mi ritrassi a precipizio, senza aspettare la scorta dell’uomo dalla gamba di legno, e non mi fermai che quando raggiunsi il dormitorio, dove, vedendo di non essere inseguito, mi coricai, ché era tempo, e me ne stetti tremante per un paio d’ore.
La mattina appresso ritornò il signor Sharp, che era l’insegnante capo, superiore di grado al signor Mell. Il signor Mell mangiava coi ragazzi, ma il signor Sharp desinava e cenava alla tavola del signor Creakle. Era un signore dall’aspetto delicato e dal naso grosso, che portava da un lato, come se fosse un po’ troppo pesante per lui. Aveva i capelli lisci e ondulati; ma erano, come m’informò il primo ragazzo che ritornò, una parrucca (una parrucca di seconda mano, mi disse), e il signor Sharp andava nel pomeriggio d’ogni sabato a farsela arricciare.
A darmi questa informazione fu Tommaso Traddles. Arrivò il primo, e si presentò col dirmi che potevo trovare il suo nome all’angolo destro del cancello, sul catenaccio; e a questo io dissi: «Traddles», ed egli mi rispose: «Appunto»; chiedendomi poi una minuta relazione di me e della mia famiglia.
Fu veramente una fortuna per me che Tommaso Traddles fosse il primo a tornare. Egli si divertì tanto alla vista del mio cartello, che mi salvò dall’imbarazzo di mostrarlo o nasconderlo, col presentarmi, a tutti i ragazzi grandi o piccoli man mano che arrivavano, in questa maniera: «Guardate!
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