Alla mia età non potevo pensare di fare gli onori della tavola, mentre era presente lui: soltanto a pensarlo la mano mi tremava. Lo pregai quindi di accordarmi il favore di far lui le parti, preghiera ch’egli esaudì, anche perché la mia domanda fu sostenuta da tutti gli altri ragazzi che erano nella camera. Si sedette sul mio guanciale e distribuì i viveri – con perfetta equità, debbo aggiungere – versando lo spumante in un bicchierino senza piede, di sua proprietà privata. Io gli sedevo a sinistra, e gli altri erano aggruppati intorno a noi, sui letti vicini e sul pavimento.
Come ricordo bene quella nostra seduta, e quella nostra conversazione sottovoce, o per meglio dire, quella loro conversazione e la mia attenzione rispettosa: il chiarore della luna entrava nella camera, dalla finestra, dipingendola pallidamente sul pavimento; e la maggior parte di noi se ne stava al buio, tranne quando Steerforth immergeva un fiammifero nella sua scatola di fosforo, per cercar qualche cosa sulla tavola, versandoci addosso un chiarore azzurrastro che subito svaniva. Provo ancora quel certo pauroso sentimento ch’era effetto del buio, del mistero dell’orgia, del sussurro in cui tutto si diceva, e ascolto tutto ciò che mi si racconta con un vago senso di solennità e di sgomento che mi fa lieto della vicinanza dei compagni, e mi spaventa (benché io finga di ridere), quando Traddles afferma di vedere uno spettro nell’angolo.
Quante cose appresi della scuola e di tutto ciò che le si riferiva! Appresi che il signor Creakle non aveva proclamato senza ragione il suo diritto d’essere Tartaro; ch’egli era il più rigoroso e severo degli insegnanti; che non passava giorno che non bastonasse, a destra e a sinistra, i ragazzi, caricandoli come un soldato di cavalleria, e dando botte da orbo, spietatamente.
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Steerforth Traddles Creakle Tartaro
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