Ai miei occhi egli era un essere di grande possanza: ecco perché il mio spirito si volgeva a lui. L’oscuro avvenire non lo fissava tristemente nei raggi della luna. Non c’erano, nel giardino in cui sognai di passeggiare tutta la notte con lui, immagini melanconiche sui suoi passi.
VII.
IL MIO PRIMO SEMESTRE A SALEM HOUSE
Il corso delle lezioni cominciò regolarmente il giorno dopo. Ricordo che mi fece una grande impressione sentire il lieto vocio della scuola trasformarsi improvvisamente in un silenzio mortale alla comparsa, dopo la colazione, del signor Creakle, che sostò sull’ingresso guardando in giro su noi, come un gigante dei racconti delle fate che passasse in rassegna i suoi prigionieri.
Tungay era a fianco del signor Creakle. Non c’era ragione, pensai, di gridare «Silenzio!» in tono così feroce, perché i ragazzi erano tutti muti, immobili e impietriti.
Il signor Creakle fu visto parlare e Tungay udito in questi termini:
– Questo è un nuovo semestre, ragazzi. Badate a ciò che v’accingete a fare, in questo nuovo semestre. Vi avverto di venir ben preparati alle lezioni, perché io vengo preparato al castigo. Io non soglio esitare mai. E inutilmente vi sfregherete: non cancellerete mai i segni che vi lascerò addosso. Ora cominciate tutti il vostro lavoro!
Finito questo terribile esordio e scomparso balzelloni Tungay, il signor Creakle s’avvicinò al mio posto, dicendomi che se io ero famoso per i morsi, anche lui era famoso per i morsi. Allora mi mostrò la bacchetta, e mi chiese che ne pensassi, come dente.
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