Non credevo che la signorina Creakle uguagliasse l’ Emilietta in bellezza, e non l’amavo (non osavo); ma la giudicavo una fanciulla di straordinarie attrattive, e impareggiabile in fatto di nobiltà. Quando Steerforth, in calzoni bianchi, le portava l’ombrellino, io mi sentivo orgoglioso di conoscer lui; e credevo ch’ella non potesse fare a meno di adorarlo dal profondo del cuore. Il signor Sharp e il signor Mell erano entrambi autorevoli persone agli occhi miei; ma di fronte a loro Steerforth era come il sole in confronto di due stelle.
Steerforth continuò a proteggermi, e mi fu utilissimo, giacché nessuno ardiva essere insolente con chi fosse onorato della sua amicizia. Non poteva difendermi – ad ogni modo non lo fece – dal signor Creakle, che era crudelissimo con me; ma tutte le volte ch’ero trattato peggio del solito, mi diceva che avrei avuto bisogno d’un po’ della sua energia, e che neppur lui avrebbe potuto resisterci; le quali cose io interpretavo come una maniera d’incoraggiamento e una gran gentilezza da parte sua. Ebbi un vantaggio, l’unico che potessi raccoglierne, dal rigore del signor Creakle. Il cartello che portavo sulle spalle ostacolava i suoi movimenti quando egli mi piombava addosso davanti o di dietro per assestarmi un colpo; perciò mi fu subito tolto e non lo rividi più.
Una piccola circostanza cementò la mia intimità con Steerforth, in modo che ne provai orgoglio e soddisfazione, benché dovesse venirmene qualche fastidio. Accadde una volta che mi faceva l’onore di trattenersi con me nella palestra di ricreazione, che io m’arrischiassi a dire che una cosa o qualcuno – dimentico che cosa o chi precisamente – rassomigliava a qualche cosa o qualcuno del Peregrine Pickle.
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