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      Non disse nulla in quel momento; ma mentre la sera m’accingevo a coricarmi, mi chiese se avessi quel libro.
      Gli dissi di no, e gli spiegai come avessi potuto leggere quello e gli altri già menzionati.
      – E li ricordi? – disse Steerforth.
      – Oh, sì – risposi – ho una buona memoria, e credo di ricordarli benissimo.
      – Allora ti dirò che devi fare, piccolo Copperfield – disse Steerforth: – devi raccontarmeli. Non posso addormentarmi presto la sera, e di solito mi sveglio presto la mattina. Me li narrerai l’uno dopo l’altro. Faremo come una specie di «Mille e una Notte».
      Mi sentii molto solleticato da questo programma, e cominciammo a metterlo in esecuzione quella stessa sera. Che guasti arrecassi ai miei autori favoriti, con le mie interpretazioni, non sono in grado di dire e non ho il minimo desiderio di sapere; ma sentivo una profonda fede in loro, e avevo, ne sono persuaso, una maniera semplice e viva di narrare ciò che narravo; e queste qualità producevano il loro effetto.
      Lo svantaggio era questo: che spesso la sera ero assonnato o stanco o svogliato; e allora ripigliare il racconto mi era penoso, e non mi potevo rifiutare di farlo, perché non mi passava neppur per la testa di mancar di parola o di far dispiacere a Steerforth. Anche la mattina, quando ero nel dormiveglia e mi sarei volentieri goduto un’altra oretta di riposo, era noioso svegliarsi come la sultana Sceherazad, ed essere costretto a ripetere una lunga narrazione prima che sonasse la campana della levata; ma Steerforth era pieno di risolutezza, e siccome, in compenso, mi spiegava le mie moltiplicazioni e i miei esercizi e tutte le difficoltà dei miei compiti, non perdevo nulla nel cambio.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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