Mi pare che c’indugiassimo dei mesi con Peregrino Pickle, ed altri mesi con gli altri romanzi. Son certo che l’istituzione non vacillò mai per difetto di storie, e il vino durò quasi quanto la materia. Il povero Traddles – non penso mai a quel ragazzo se non con una strana voglia di ridere, e con le lagrime agli occhi – in generale faceva la parte del coro, mostrando di sbellicarsi dalle risa alle parti comiche, e di tremar dalla paura quando nel racconto v’era qualche brano di carattere impressionante. Spessissimo, questo contegno mi sconcertava. La maggior sua piacevolezza era, ricordo, di fingere di non poter fare a meno di battere i denti, tutte le volte che sentiva il nome d’un Alguazil nelle avventure di Gil Blas; e rammento che quando Gil Blas incontrò il capitano dei ladri in Madrid, quel burlone disgraziato finse tale accesso di terrore, che fu sentito dal signor Creakle, il quale stava in vedetta nel corridoio, e solennemente bastonato per cattiva condotta nel dormitorio.
Tutto quello che c’era in me di romantico e di fantastico fu sviluppato da quell’abitudine di narrare tanti racconti al buio; e da questo lato credo che la cosa non mi sia stata proficua. Ma l’essere vagheggiato come una specie di balocco nella mia camera, e la consapevolezza che quella mia dote venisse divulgata fra i ragazzi, e mi facesse, benché fossi il più piccolo, centro della loro curiosità, stimolavano i miei sforzi. In una scuola governata con la più spietata crudeltà, diretta o no da un somaro, non è probabile s’apprenda molto.
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