– Silenzio! – gridò il signor Mell, levandosi improvvisamente e battendo il tavolino col libro. – Che significa tutto questo? È impossibile sopportarlo. È da impazzire. E perché vi comportate così con me?
Aveva battuto il tavolino col mio libro. Ritto accanto a lui, seguendo l’occhiata da lui data in giro, vidi tutti i ragazzi fermarsi, alcuni meravigliati, altri impauriti e altri forse pentiti.
Il posto di Steerforth era in fondo, all’estremità opposta della lunga stanza. S’era fermato con la schiena contro la parete, e le mani in tasca, e guardava il signor Mell con la bocca atteggiata a un fischio, quando il signor Mell lo vide.
– Silenzio, Steerforth! – disse il signor Mell.
– Silenzio voi – disse Steerforth, diventando rosso. – A chi parlate?
– Sedetevi – disse il signor Mell.
– Sedetevi voi – disse Steerforth – e badate ai fatti vostri.
Ei disegnò qualche risolino; si sentì qualche applauso; ma il signor Mell era così pallido, che si fece immediatamente silenzio; e un ragazzo che di dietro aveva cominciato a contraffargli la madre, cambiò di proposito e finse di voler temperare una penna.
– Se voi credete, Steerforth, che io non sia a cognizione dell’influenza che avete su qualcuno qui – (egli mi mise la mano in testa, forse senza neanche saperlo) – o che io non vi abbia visto, pochi minuti fa, eccitare i vostri compagni più piccoli a ingiuriarmi in tutti i modi, pigliate un grosso abbaglio.
– Io non mi do il disturbo di pensare minimamente a voi – disse Steerforth, con freddezza; – così non piglio un abbaglio né grosso, né piccolo.
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