Il nuovo insegnante veniva da una scuola di grammatica, e prima che assumesse il suo ufficio, desinò un giorno nel salotto per esser presentato a Steerforth. Steerforth gli diede la sua approvazione, e ci disse che era una brava persona. Senza comprendere esattamente quale abile distinzione fosse in questi termini, lo rispettai molto perciò, e non ebbi il minimo dubbio della sua dottrina superiore; benché egli non si prendesse per me la cura – non che io valessi nulla – che il signor Mell s’era preso.
Vi fu solo un altro avvenimento in quel semestre, all’infuori della vita scolastica quotidiana, che mi fece un’impressione che mi dura ancora. Mi dura per molte ragioni.
Un pomeriggio, che eravamo tutti in uno stato di terribile agitazione, e il signor Creakle colpiva in furia a destra e a sinistra, entrò Tungay gridando con la sua voce rimbombante: «Visite per Copperfield!»
Fra lui e il signor Creakle furono scambiate poche parole sul genere dei visitatori, sul perché della loro visita e sulla stanza dove riceverli; e poi a me, che m’ero levato in piedi, secondo s’usava, all’annuncio, e mi sentivo agitato dalla curiosità, fu ordinato di correr su a indossare una camicia di bucato, e poi di recarmi nel refettorio. A questi ordini obbedii a precipizio, con un’agitazione e una celerità insolite, e quando giunsi alla porta della stanza, e pensai che potesse essere mia madre – avevo pensato fino allora soltanto al signore e alla signorina Murdstone – ritirai la mano dal saliscendi, e mi fermai per reprimere un singhiozzo.
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