Intendeva Cam, che raggiava di piacere, e diceva di sì sul sacco dei gamberi.
– Che bel viso! – disse il pescatore Peggotty, e il suo risplendeva come il sole.
– E come è istruita! – disse Cam.
– E che bella scrittura! – disse il pescatore Peggotty. – Nera come il catrame; e così grande che si può vederla da un miglio distante.
Era veramente delizioso vedere a quale entusiasmo si ispirasse il pescatore Peggotty parlando della sua prediletta figliola adottiva. Mi sta ancora innanzi con la faccia gioviale e villosa irradiata da un amore caldo e da un orgoglio che non so descrivere. Gli occhi onesti gli si accendono e scintillano, come se nella loro profondità s’agitasse qualche cosa di radioso. Il vasto petto gli si gonfia di soddisfazione. Egli, nella sua gravità, stringe insieme le mani grandi e forti ed accentua ciò che dice con un braccio che sembra un maglio alla mia vista di pigmeo.
Cam era come lui grave. Oserei asserire che essi avrebbero detto molto più dell’Emilietta, se non fossero stati intimoriti dall’inatteso arrivo di Steerforth, il quale, vedendomi in un angolo a colloquio con due estranei, interruppe una canzone che stava canticchiando, e disse: «Non sapevo che tu fossi qui, piccolo Copperfield!» (perché non s’era nella solita stanza delle visite), e fece per andarsene.
Io non son certo se fosse per l’orgoglio di avere un amico come Steerforth, o per il desiderio di spiegargli com’era che avessi un amico come il pescatore Peggotty, che, mentre se n’andava, lo richiamai e gli dissi umilmente (santo Cielo, come ricordo tutto chiaramente tanto tempo dopo!
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