Vorrei esser morto allora. Avrei voluto morire allora con quel sentimento in cuore. Sarei stato più degno del Cielo di quanto mai fossi più tardi.
– È tuo fratello – disse mia madre, carezzandomi. – Davy, figlio bello! Povero figlio mio! – E mi baciava con grande ardore, e mi stringeva intorno al collo. Stava così ad abbracciarmi, quando sopraggiunse Peggotty, e mise le ginocchia in terra accanto a noi, e ci stette a vezzeggiare per un quarto d’ora, pazza di gioia.
Pareva che il vetturale avesse anticipato il viaggio, e io non fossi atteso per quell’ora. Pareva, anche, che il signore e la signorina Murdstone fossero partiti per una visita nei dintorni, e che non sarebbero rientrati prima di notte. Non avevo mai sperato tanto. Non avevo mai pensato probabile che ancora una volta noi tre potessimo stare indisturbati insieme; e mi sembrava, intanto, che il tempo antico fosse ritornato.
Desinammo insieme accanto al fuoco. Peggotty era lì pronta per servirci, ma mia madre non volle, e la fece sedere con noi. Ebbi il mio vecchio piatto con l’immagine bigia d’un bastimento da guerra a vele spiegate, che Peggotty aveva tenuto gelosamente custodito chi sa dove, in tutto il tempo della mia assenza, perché non si rompesse, giacché non si sarebbe ripagato, ella diceva, neppure con un centinaio di sterline. Ebbi il mio vecchio bicchiere, sul quale era inciso un bel Davide, e la mia vecchia forchettina e il vecchio coltellino che non tagliava.
Mentre eravamo a tavola, pensai che l’occasione fosse favorevole di dire a Peggotty la faccenda di Barkis, e quando l’ebbi detta, ella cominciò a ridere, a ridere, portandosi il grembiule in faccia.
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