– rispose Peggotty, fissandola in viso. – Che il Signore vi benedica, no!
– No per adesso? – disse mia madre con tenerezza.
– Né adesso, né mai! – esclamò Peggotty. Mia madre le prese la mano, e disse:
– Non mi lasciare, Peggotty. Statti con me. Non sarà per molto tempo, forse. Che farei senza di te?
– Lasciarvi, tesoro mio! – esclamò Peggotty. – No, per tutto l’oro del mondo. Chi ha potuto mettervi in testa una cosa simile? – Giacché Peggotty era da gran tempo abituata a parlar qualche volta a mia madre come a una bambina.
Mia madre non rispose; soltanto la ringraziò, e Peggotty continuò a discorrere a suo modo:
– Lasciarvi! Mi par di vedermi! Peggotty andar via dalla sua padrona! Mi piacerebbe di vederla. No, no, no – disse Peggotty, scotendo la testa e piegando le braccia; – lei no, mia cara. C’è qualche gatta che gongolerebbe se se n’andasse; ma Peggotty non gongolerebbe. Peggotty sarebbe disperata. Starò con voi finché non sarò una vecchia bacucca. E quando sarò troppo sorda, e troppo zoppa, e troppo cieca, e senza neanche un dente, quando non sarò più buona a nulla, neppure a farmi rimproverare, allora andrò dal mio Davy, e lo pregherò di tenermi con lui.
– E io, Peggotty – dissi – sarò lieto di riceverti e ti farò un’accoglienza da regina.
– Dio ti benedica! – esclamò Peggotty. – Lo so, lo so. – E mi baciò in anticipazione, in segno di gratitudine per la mia ospitalità. Dopo, si coperse di nuovo la testa col grembiule, e si fece un’altra risata a spese di Barkis. Dopo, prese il bimbo dalla culla, e si mise a cullarlo.
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