Dalla mia prima infanzia ella s’era sempre occupata di quella branca di cucito, e mai di nessun’altra, neppure per eccezione.
– Vorrei sapere – disse Peggotty, che a volte veniva presa dalla smania di parlare di argomenti assolutamente estranei e imprevisti – che n’è avvenuto della zia di Davy.
– Signore Iddio, Peggotty – osservò mia madre, che si riscosse come da un sogno: – che sciocchezze ti passano per la testa?
– Sì, ma veramente vorrei saperlo, signora – disse Peggotty.
– Come mai ti viene in mente? – disse mia madre. – Non puoi pensare a qualche altra cosa?
– Non so come sia – disse Peggotty. – Forse perché son stupida, ma la mia testa non sa scegliersi le persone. Vengono e vanno, e vanno e vengono, come piace a loro. Vorrei sapere che n’è di lei.
– Come sei assurda, Peggotty! – rispose mia madre. – Ti piacerebbe forse una sua seconda visita?
– Dio ce ne scampi! – esclamò Peggotty.
– Allora fammi il favore di non parlare di cose tristi – disse mia madre. – La zia Betsey è chiusa nel suo villino accanto al mare, certamente, e continuerà a starsene lì. A ogni modo non è probabile che voglia venire a incomodarci una seconda volta.
– No! – osservò Peggotty. – Questo non si darà... ma vorrei sapere, se venisse a morire, se lascerebbe mai qualcosa a Davy.
– Santo Cielo, Peggotty – rispose mia madre: – che sciocca sei! Sai bene che si offese perfino della nascita di questo povero ragazzo.
– Immagino che sarebbe disposta a perdonargli ora – accennò Peggotty.
– E perché dovrebbe essere disposta a perdonargli ora?
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