– esclamò mia madre.
– Santo Cielo, Clara, non lo vedi? – esclamò la signorina Murdstone.
– Che cosa, mia cara Giovanna? – disse mia madre. – Dove?
– Guarda – gridò la signorina Murdstone, – Tuo figlio. S’è preso il bambino.
Era rimasta inerte per l’orrore, ma si sforzò di dare un balzo verso di me e strapparmelo dalle braccia. Poi s’indebolì di nuovo, e si sentì così male, che si fu costretti a soccorrerla con la sua acquavite. Tornata in sé, mi vietò solennemente di toccar mai più mio fratello, per nessuna ragione al mondo; e la mia povera madre, che, lo comprendevo bene, la pensava diversamente, confermò il divieto, dicendo: «Senza dubbio hai ragione, mia cara Giovanna».
Un’altra volta che ci trovavamo tutti e tre insieme, quello stesso caro bimbo – che m’era veramente caro, per amor di mia madre – fu l’innocente occasione di far montare in bestia la signorina Murdstone. Mia madre, che gli aveva osservato gli occhi mentre le giaceva in grembo disse:
– Davy, vieni qui.
Vidi la signorina Murdstone interrompere la sua operazione d’infilzar perline.
– Ecco – disse gentilmente mia madre – sono perfettamente simili. Credo che siano i miei occhi. Hanno il color dei miei, ma sono meravigliosamente simili.
– Clara – disse la signorina Murdstone, levandosi con un gesto di collera – a volte tu sei veramente sciocca.
– Mia cara Giovanna... – protestò mia madre.
– Una vera sciocca – confermò la signorina Murdstone. – A chi altri poteva mai venire in mente di paragonare il figlio di mio fratello con tuo figlio?
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