– Non ricorrere a una bugia, Davide – egli rispose, e con tanto impeto, che vidi mia madre sporgere il braccio tremante come per interporsi fra noi. – A mostrare la tua ostinazione, ti sei appartato orgogliosamente in camera tua. E hai continuato a rimanervi quando dovevi essere qui. Tu sai ora, una volta per sempre, che voglio che tu stia qui e non lì. Voglio inoltre che tu sia ubbidiente. Tu mi conosci, Davide. Voglio che la mia volontà sia fatta.
La signorina Murdstone parve gorgogliare di soddisfazione.
– Voglio che la tua condotta verso di me – egli continuò – e verso Giovanna Murdstone, e verso tua madre, sia rispettosa, zelante e docile. Non voglio che, a volontà e a capriccio d’un ragazzo, si fugga questa stanza, come se fosse infetta. Siedi.
Sembrò che desse il comando a un cane, e come un cane obbedii.
– Un’altra cosa – egli disse. – Osservo che ti compiaci di compagnie basse e volgari. Tu non devi allearti con le persone di servizio. La cucina non ti farà migliore in tutti quei punti che hanno bisogno di correzioni. Della donna che ti protegge, non dico nulla... dacché tu, Clara – volgendosi a mia madre in tono più basso – hai per lei, in forza di vecchie abitudini e illusioni profondamente radicate, delle debolezze non ancora superate.
– La più strana aberrazione! – esclamò la signorina Murdstone.
– Dico soltanto – egli ripigliò, volgendosi a me – che io disapprovo la tua predilezione per la compagnia di Peggotty, la fantesca, e che la devi abbandonare. Ora, Davide, tu m’hai compreso, e sai quali saranno le conseguenze alle quali andrai incontro, se non fai di tutto per obbedirmi alla lettera.
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