Ero nel carro del vetturale quando sentii chiamarmi da lei. Mi voltai, e la vidi sola, sul cancello del giardino, sollevare sulle braccia il bambino perché lo contemplassi. Il tempo era freddo ma calmo; e non un capello le si mosse in testa, non una piega nella veste, nell’atto di guardarmi intenta e di sollevare il bambino.
Così la perdetti. Così la vidi dopo, nei miei sogni in convitto – fantasma silenzioso accanto al mio letto – guardarmi con lo stesso volto intento, e col bambino sollevato nelle braccia.
IX.
GENETLIACO MEMORABILE
Sorvolo su tutto ciò che avvenne in convitto, fino all’anniversario della mia nascita che cadeva nel mese di marzo. Salvo che Steerforth vi era ammirato più che mai, non ricordo nulla. Egli doveva andar via alla fine del semestre, se non prima, e ai miei occhi era più vivace e indipendente che per il passato, e perciò più simpatico che mai; ma oltre questo non rammento nulla. Par che il gran ricordo che contrassegna quel tempo nel mio spirito abbia disperso ogni traccia d’altra memoria intorno, per esistere solo.
M’è anche difficile credere che passasse un periodo di due mesi interi tra il mio ritorno a Salem House e l’arrivo di quel genetliaco. Posso comprender solo che fu così, perché dovette essere così; altrimenti mi sarei persuaso che non vi fosse stato intervallo di sorta, e che un avvenimento avesse seguito immediatamente l’altro.
Come ricordo bene il tempo che faceva quel giorno! Riveggo la nebbia che avvolgeva tutto fuori; e attraverso la nebbia il ghiaccio, candido e spettrale; sento i miei capelli coperti di brina appiccicarmisi alle guance; guardo in tutta la sua lunghezza la scuola, oscura prospettiva rotta qua e là da qualche candela che scoppietta nella mattinata nebbiosa; e il fiato dei compagni che si svolge e fuma nell’aria gelida, mentre ci soffiamo sulle dita e battiamo i piedi sul pavimento.
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Steerforth Salem House
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