Fu dopo la colazione, e dopo che eravamo rientrati dalla palestra, che il signor Sharp entrò e disse:
– Davide Copperfield è atteso nel salotto. Aspettavo un paniere da parte di Peggotty, e a quell’ annunzio m’ illuminai tutto. Parecchi compagni mi fecero ressa intorno, raccomandandomi di non dimenticarli nella distribuzione del contenuto del paniere, e uscii svelto e gioioso dal mio posto.
– Non correre, Davide – disse il signor Sharp. – C’è tempo, ragazzo mio, non correre.
Se ci avessi badato, mi sarei sorpreso del tono di compatimento con cui mi parlava; ma non ci pensai che dopo. Corsi nel salotto, e vi trovai il Signor Creakle, seduto a colazione, con la bacchetta e il giornale innanzi, e la signora Creakle con una lettera aperta in mano. Ma niente paniere.
– Davide Copperfield – disse la signora Creakle, conducendomi a un canapè, e sedendomisi accanto. – Ho bisogno di parlarti da solo a solo. Ho una cosa da dirti, figlio mio.
Il signor Creakle, che io naturalmente guardavo, scosse il capo senza guardarmi e interruppe un sospiro con un grosso boccone di pane imburrato.
– Tu sei troppo giovane per saper come il mondo muti ogni giorno – disse la signora Creakle – e come la gente se ne vada. Ma dobbiamo tutti apprenderlo, Davide: alcuni quando si è giovani, altri quando si è vecchi, e altri a tutte le età.
Io la guardavo intento.
– Quando sei ritornato qui alla fine delle vacanze – disse la signora Creakle, dopo una sosta, – a casa stavano tutti bene? – Dopo un’altra sosta: – La mamma come stava?
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