Veniva nello stesso tempo da un laboratorio attraverso un cortiletto fuori la finestra un suono regolare di martello che faceva una specie di cadenza: rat... tat-tat, rat... tat-tat, rat... tat-tat, senza alcuna variazione.
– Bene – disse la mia guida a una delle tre giovinette. – A che ne siamo, Minnie?
– Per l’ora della prova saremo pronte – ella rispose allegramente, senza levar lo sguardo.
– Non temere, papà.
Omer si cavò il cappello, e si sedette, e ansimò. Era così grasso, che fu costretto ad ansimare per un certo tempo prima di poter rispondere:
– Va bene.
– Papà – disse Minnie, scherzosamente. – Stai diventando una balena.
– Bene, io non so che sia, mia cara – egli rispose, riflettendo al suo caso. – Ma sembra anche a me.
– Tu ti tratti troppo bene, vedi – disse Minnie, – E prendi le cose con tanta noncuranza!
– Non serve prenderle diversamente, mia cara – disse Omer.
– Veramente, no – riprese la figliuola. – Siamo tutti piuttosto allegri, qui, grazie al Cielo! Non è vero, papà?
– Lo spero, mia cara – disse Omer. – Giacché ho ripreso fiato, posso pigliar la misura a questo piccolo studente. Volete venir nella bottega, signorino Copperfield?
Accondiscendendo al suo invito, precedetti Omer; ed egli, dopo avermi mostrato un rotolo di panno, che disse veramente sopraffino e troppo di lusso per un lutto che non fosse per un parente strettissimo, mi prese varie misure e le trascrisse in un suo libro. Così dicendo, richiamò la mia attenzione sul suo fondo di magazzino e su certe mode, che, diceva, erano «appena arrivate»; e su certe altre mode, che, diceva, erano «appena passate».
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