– Ed è così che spesso noi perdiamo un mucchio di denari – disse Omer. – Ma le mode sono come gli esseri umani. Vengono, nessuno sa quando, perché, o come. Io credo che sotto questo aspetto tutto sia come la vita.
Ero troppo triste per discutere una questione, che del resto, sarebbe stata molto ardua anche in diverse condizioni; ed Omer mi ricondusse nel salotto, respirando con una certa difficoltà nel tragitto.
Poi s’affacciò dietro una porta, girò per una ripida scaletta, gridando: «Portate su quel tè!»; e il tè, destinato particolarmente a me, dopo qualche tempo che io ero rimasto a guardarmi intorno meditabondo e ad ascoltare il cic-cic del cucito e il ritmo del martello a traverso il cortile, apparve su d’un vassoio fra un contorno di fette di pane imburrato.
– Io vi conosco – disse Omer, dopo avermi osservato per alcuni minuti, durante i quali non avevo lasciato tracce di grandi guasti nella colazione, perché tutti quegli oggetti neri mi toglievano l’appetito – vi conosco da lungo tempo, mio giovane amico.
– Sì, signore?
– Da quando siete nato – disse il signor Omer. – Potrei dire anche prima. Conoscevo vostro padre prima di voi. Era alto cinque piedi e nove pollici, ed è sepolto in venticinque piedi di terreno.
– Rat... tat-tat, rat... tat-tat, rat tat-tat – veniva a traverso il cortile.
– Egli è sepolto in venticinque piedi di terreno, benché non lo occupi tutto – disse Omer scherzoso. – Fu o per richiesta di lui o per indicazioni di lei, non ricordo bene.
– Sapete come stia il mio fratellino, signore?
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