– Vengo – disse Omer, levandosi. – Mio caro – s’interruppe e si volse a me – vorreste vedere la...
– No, papà – interruppe Minnie.
– Credevo che potesse fargli piacere, mia cara – disse Omer. – Ma forse tu hai ragione.
Non so dir come indovinassi che essi andavano a veder la bara della mia cara, diletta mamma. Non avevo mai sentito fare una bara, non ne avevo mai veduta una; ma avevo pensato alla bara per il rumore del martello, e quando il giovane era entrato, sapevo benissimo a che aveva lavorato.
Finito ora il cucito, le due ragazze delle quali non sapevo ancora i nomi, si spazzolarono i ritagli e i fili dalle vesti, ed entrarono nella bottega a rassettare tutto, e ad aspettarvi gli avventori. Minnie rimase a piegare il lavoro fatto, e a disporlo in due panieri. Vi attendeva in ginocchio, canticchiando un’allegra canzoncina. Joram, che indubbiamente era il suo fidanzato, entrò e, mentre ella era così occupata, le diede di sorpresa un bacio, senza curarsi affatto di me; e le disse che il padre era uscito a cercar la vettura, e che lui doveva andar subito a prepararsi. Poi uscì di nuovo; ed ella si mise il ditale e le forbici in tasca, s’appuntò bellamente sul petto un ago con una gugliata di filo nero, e con molta cura indossò il mantello e il cappello innanzi a uno specchio dietro la porta, nel quale io scorsi l’immagine del suo viso soddisfatto.
Tutto questo osservavo, seduto al tavolo nell’angolo con la testa poggiata sulla mano, e il pensiero errante fra cose diverse. Presto si sentì la vettura innanzi alla bottega: vi furon messi prima i panieri; poi fui messo io, che fui seguito da quei tre.
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Omer Mio Minnie Omer
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