Ma quando mi fu più vicina, e vidi che i suoi occhi azzurri sembravano più azzurri, e il viso paffutello più radioso, ed era tutta quanta più bella e più lieta, uno strano sentimento mi spinse a fingere di non riconoscerla, e a passarle accanto come immerso in una visione lontana. E se non erro, m’è avvenuto di poi di far lo stesso in simili occasioni.
L’Emilietta non se ne curò minimamente. Mi aveva riconosciuto quasi subito; ma invece di voltarsi e di chiamarmi, seguitò correndo e ridendo la sua strada. Questo mi costrinse a correrle dietro, ma ella andava così veloce che quando la raggiunsi eravamo quasi dinanzi a casa.
– Oh, sei tu? – disse l’Emilietta.
– Ah, dunque m’avevi riconosciuto – risposi.
– E anche tu m’avevi riconosciuta – disse l’Emilietta.
Stavo per baciarla, ma ella si mise le mani sulle ciliege delle labbra, e, dicendo che non era più una bambina, si rifugiò in casa, correndo più che mai.
Pareva ch’ella si compiacesse di stuzzicarmi; e questo cambiamento nelle sue maniere mi stupiva molto. Il tavolino del tè era pronto, e il nostro piccolo baule era stato rimesso al posto di prima; ma invece di venire a sedersi con me, ella andò a rallegrare della sua compagnia quella brontolona della signora Gummidge; e interrogata da suo zio del perché, si scompigliò i capelli sul viso per nasconderlo, e non fece altro che ridere.
– È capricciosa come un gattino – disse il pescatore Peggotty, carezzandola con la larga mano.
– Proprio, proprio! – esclamò Cam. – Proprio, signorino Davy!
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