– E gorgogliò di risate per qualche tempo, guardandola deliziato e ammirato, con la faccia più rossa d’un carbone acceso.
L’Emilietta era veramente viziata da tutti; e, più che dagli altri, dal pescatore Peggotty, che ella poteva indurre a far tutto, soltanto con lo sfregar la gota contro l’ispida barba di lui. Questo almeno pensai io, quando la vidi in quell’atto; e giudicai che il pescatore Peggotty avesse perfettamente ragione. Ma ella era così affettuosa e mite, e aveva un così bel modo d’essere insieme birichina e timida, che m’attrasse più che mai.
Aveva il cuore tenero inoltre; perché quando il pescatore Peggotty, fumando accanto al fuoco dopo il tè, alluse alla sventura che m’aveva colpito, la vidi con le lagrime agli occhi guardarmi con tanta pietà a traverso la tavola, che sentii per lei un impeto di riconoscenza.
– Ah! – disse il pescatore Peggotty, toccandole con la mano i riccioli e facendoli scorrere fra le dita come l’acqua. – Ecco un’altra orfana, vedete. E qui – disse il pescatore Peggotty, dando a Cam un pugno nel petto – eccone un altro, benché non ne abbia la faccia.
– Se io avessi voi per tutore, signor Peggotty – dissi, scotendo il capo – non credo che mi sentirei tanto orfano.
– Bravo, signorino Davy! – esclamò Cam, estasiato. – Bravo, bene! Proprio così! Bene, bene! – E rese al pescatore Peggotty il pugno con un colpo nel fianco, e l’ Emilietta si levò e baciò il pescatore Peggotty.
– E il vostro amico come sta? – mi disse il pescatore Peggotty.
– Steerforth?
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