Il pescatore Peggotty scosse ancora una volta il capo, come per dire: «Non ne dubito».
– Poi, ha un animo così generoso, così fine, così nobile – io dissi, trascinato con calore dal mio soggetto favorito – che non è possibile fargli tutte le lodi che merita. Certo io non potrò sentir mai tanta gratitudine da compensarlo abbastanza per la generosità con cui ha protetto me, tanto più piccino e umile di lui nella scuola.
Andavo innanzi accalorandomi nella lode e nell’esaltazione, quando i miei occhi si posarono sul viso dell’Emilietta, ch’era chinata sulla tavola ad ascoltarci, trattenendo il respiro, gli occhi scintillanti come gioielli, e le guance soffuse di rossore. Mi parve così straordinariamente grave e bella che cessai di parlare, invaso da una specie di stupore; e tutti la osservarono nello stesso tempo, e, perché m’ero arrestato, si misero a ridere.
– Emilia è come me – disse Peggotty – e le piacerebbe conoscerlo.
Emilia, confusa dai nostri sguardi, chinò il capo e si fece più rossa. Lanciando poi vive occhiate a traverso lo scompiglio dei riccioli indocili, e vedendo che tutti la guardavamo ancora (quanto a me, certo sarei rimasto a guardarla per ore ed ore), se la svignò e se ne rimase nascosta non so dove fino all’ora di andare a letto.
Io andai a coricarmi nel vecchio lettino a poppa del battello, e il vento urlava e gemeva attraverso la pianura come una volta. Ma ora non potevo fare a meno dall’immaginare che gemeva su quelli che se n’erano andati, e invece di pensare che il mare potesse sollevarsi nella notte e travolgere il battello, pensavo al mare che si era sollevato, dopo che avevo udito i suoi gemiti, travolgendo la felicità di casa mia.
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Peggotty Emilietta Peggotty
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