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      – Io sono una povera donna solitaria e abbandonata, e tutto ciò che mi ricorda le donne che non sono solitarie e abbandonate mi contraria.
      – Su, sposina! – esclamò il pescatore Peggotty. – Prendila e gettala.
      – No, Daniele – rispose la signora Gummidge, gemendo e scotendo il capo. – Se sentissi meno, potrei fare di più. Tu non senti come me. Tu non senti come me, Daniele; a te le cose non ti vanno di traverso, no; né tu vai di traverso alle cose. È meglio che lo faccia tu.
      Ma qui Peggotty, che era corsa affaccendata dall’uno all’altro, baciando tutti, gridò dal carro, nel quale eravamo finalmente tutti (Emilia e io su due sedioline, l’uno accanto all’altro), che doveva gettarla la signora Gummidge. Così la gettò la signora Gummidge, e, mi dispiace di dirlo, proiettando un’ombra sullo spettacolo festoso della nostra partenza, perché scoppiò immediatamente a piangere, e si abbandonò senza più forze nelle braccia di Cam, dichiarando che sapeva d’essere di peso in quella casa, e che sarebbe stato meglio portarla subito all’ospizio. Ottima idea, pensai, che Cam avrebbe dovuto subito eseguire alla lettera.
      Così partimmo per la nostra scampagnata; e la prima cosa da noi fatta fu di fermarci a una chiesa, dove Barkis, dopo aver legato il cavallo a un pilastro, entrò con Peggotty, lasciando me e l’Emilietta seduti soli ai nostri posti. Colsi l’occasione per cingere col braccio la vita dell’Emilia, e dichiararle che giacché io presto me ne sarei andato, ci dovevamo proporre di volerci bene e d’essere felici tutto il giorno.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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