Ah, come le volevo bene! Che felicità (pensavo) se ci fossimo sposati, e fossimo diretti non so dove per vivere fra gli alberi nei campi, non crescendo mai, non mai diventando più saggi, fanciulli in eterno, stretti per la mano e vaganti a traverso lo splendore del sole e i prati smaltati di fiori, immersi col capo nel musco la sera in un dolce sonno di pace e di purezza, e sepolti dagli uccelli quando fossimo morti. Simile quadro, fuor d’ogni terrestre realtà, fulgido della luce della nostra innocenza, e vago come le stelle remote, m’accompagnò per tutto il viaggio. M’è caro pensare che al matrimonio di Peggotty vi fossero due cuori innocenti come quello dell’Emilietta e il mio. M’è caro di pensare che gli Amori e le Grazie assumessero tali aeree forme in quel corteo nuziale.
Arrivammo di nuovo al vecchio battello la sera tardi; e ivi il signore e la signora Barkis ci dissero addio, prendendo lieti la via di casa loro. Sentii allora, per la prima volta, d’aver perduto Peggotty. Sarei andato a coricarmi col cuore dolorante sotto qualunque altro tetto che non avesse riparato la testa dell’Emilietta.
Il pescatore Peggotty e Cam sapevano, al par di me, che ci fosse nei miei pensieri, e si sforzarono con una squisita cenetta e coi loro visi ospitali, di cacciarnelo via. L’Emilietta venne a sedersi accanto a me sul baule, l’unica volta in tutto quel tempo; e fu veramente la fine meravigliosa d’una meravigliosa giornata.
Era marea crescente; e subito dopo andammo a letto; e il pescatore Peggotty e Cam uscirono a pescare.
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