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      Quel giorno mi congedai dal pescatore Peggotty, e da Cam, e dalla signora Gummidge, e dall’Emilietta; e passai la notte in casa di Peggotty in una cameretta sotto il tetto (col libro dei coccodrilli su uno scaffale a capo al letto), che doveva essere sempre mia, diceva Peggotty, e sarebbe stata tenuta per me sempre nello stesso modo.
      – Giovane o vecchia, caro Davy, finché sarò viva e avrò questa casa in testa – disse Peggotty – la troverai sempre come se tu fossi aspettato qui da un minuto all’altro. La riassetterò tutti i giorni, come facevo con la tua antica cameretta, mio caro; e se tu vai in Cina, potrai pensare che sarà regolarmente riassettata sempre, in tutto il tempo della tua lontananza.
      Commosso della fedeltà e della tenerezza della mia cara governante, la ringraziai come meglio potevo. Ma non potevo dir molto, perché mi parlava così, tenendomi le braccia al collo, la mattina; e dovevo ritornare a casa quella mattina stessa e vi ritornai con lei e Barkis sul carro. Mi lasciarono al cancello, non senza pena; e fu un triste spettacolo vedere il carro allontanarsi, portandosi via Peggotty, e lasciandomi sotto i vecchi olmi di fronte a casa, dove non c’era più un viso che guardasse il mio con amore o simpatia.
      E allora caddi in uno stato d’abbandono, che non posso ricordare senza pietà. Mi vidi a un tratto solitario. – lontano da ogni sguardo amichevole, lontano dalla compagnia di altri ragazzi della mia età, lontano da ogni specie di compagnia, se non quella dei miei pensieri avviliti, che par proiettino la loro tristezza sulla carta su cui scrivo.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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