Fecola di Patate una volta si levò indispettito, ribellandosi contro quella certa considerazione che mi s’accordava; ma Mick Walker lo mise subito a posto.
Credevo assolutamente disperata la mia riscossa da quella specie di esistenza, e rinunciai a pensarci. Neppure per un’ora, certo, mi ci sentii riconciliato, e continuavo a soffrirne, crudelissimamente; ma la sopportavo; e a Peggotty, un po’ per amor suo, un po’ per vergogna, in nessuna lettera (benché ce ne scrivessimo molte) rivelai la verità.
Le difficoltà del signor Micawber aggiungevano qualche cosa alle mie angosce individuali. Nella mia condizione di abbandono, m’ ero alleato strettamente alla sua famiglia, e solevo vagare rimuginando i calcoli fantastici e laboriosi della signora Micawber per uscir d’imbarazzo, e onusto del peso dei debiti del signor Micawber. La sera del sabato, giorno di gran festa per me – un po’ perché era una gran cosa andare a casa con sei o sette scellini in tasca, contemplando le vetrine dei negozi e pensando a che cosa si potesse comprare con una somma come quella, e un po’ perché si usciva più presto dal magazzino – la signora Micawber soleva farmi le più strazianti confidenze, senza pregiudizio della mattina della domenica, quando mi versavo la porzione di tè o di caffè, comprata la sera, in un vasetto per la barba, e facevo colazione tardi. Non era insolito per il signor Micawber mettersi a singhiozzare violentemente al principio di una di quelle conversazioni della sera del sabato, e poi cantare una canzonetta allegra prima d’andare a letto.
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