XII.
UNA GRAN RISOLUZIONE
Nel termine stabilito, fu esaminata la domanda del signor Micawber, e, in virtù della legge sui debitori insolvibili, ordinata, con mia letizia, la sua scarcerazione. I creditori non si mostrarono implacabili; e la signora Micawber m’informò che perfino il bollente calzolaio aveva dichiarato in piena corte che non gli portava rancore; ma che quando poteva riscuotere una somma, lui voleva esser pagato: «Mi pare, egli aveva detto, che sia umano».
Dopo la sentenza, il signor Micawber ritornò alla prigione di King’s Bench, giacché si dovevano regolare alcune spese e compiere alcune formalità, prima di poter essere effettivamente liberato. Il circolo lo accolse con entusiasmo; e tenne in suo onore quella sera una seduta musicale; mentre la signora Micawber e io, circondati dalla prole addormentata, celebravamo la circostanza con un fritto d’agnello.
– In quest’occasione, Copperfield – disse la signora Micawber – ti darò un altro po’ di ponce – perché già se n’era bevuto – in memoria di papà e mamma.
– Sono morti, signora? – chiesi, dopo aver bevuto alla loro memoria.
– La mamma – disse la signora Micawber – lasciò questa vita prima che cominciassero le difficoltà di mio marito, o almeno prima che diventassero insormontabili. Il papà visse tanto da esser garante parecchie volte di mio marito, e poi morì, rimpianto da numerosi amici.
La signora Micawber scosse il capo, e lasciò cadere una pia lacrima sul gemello che in quel momento aveva in braccio.
Siccome non speravo di cogliere un’occasione più propizia per fare una domanda di mio particolare interesse, dissi alla signora Micawber:
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