Ma quanto più egli supplicava la signora Micawber di levar gli occhi su, tanto più apparivano distratti e vaghi; e quanto più la supplicava di calmarsi, tanto meno ella si calmava. In conseguenza il signor Micawber fu così sopraffatto che mischiò le sue lagrime con quelle di lei e le mie; finché mi pregò di fargli il favore di recarmi con una sedia sulle scale, ad aspettare che avesse messa la moglie a letto. Gli avrei dato volentieri la buona sera, ma non volle lasciarmi andare, sin che non fosse sonata l’ora dell’uscita degli estranei. Così m’andai a sedere sul pianerottolo della scala, sotto la finestra, e lì fui raggiunto da lui con un’altra sedia.
– Come sta ora la signora? – dissi.
– Abbattutissima – disse il signor Micawber, scotendo il capo; – è la reazione. Ah, è stato un giorno terribile! Siamo soli, ora... non abbiamo più nulla.
Il signor Micawber mi strinse la mano, e gemé, e si mise a piangere. Ero estremamente commosso, e deluso anche, perché avevo sperato che saremmo stati allegri per quel tanto atteso avvenimento. Ma il signore e la signora Micawber erano, credo, così assuefatti a tutte le loro difficoltà, che sembrava loro di naufragare, nel momento che venivano tratti a riva. Tutta la loro elasticità di carattere era scomparsa, e non li vidi mai più infelici di quella sera; di modo che quando la campana dell’uscita sonò, e il signor Micawber m’accompagnò fino al casotto delle guardie, e si separò da me con una benedizione, ebbi paura di lasciarlo così solo, e mi sentii vivamente angosciato.
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