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      Ma a traverso la confusione e l’abbattimento in cui eravamo, inaspettatamente per me, precipitati, comprendevo chiaramente che il signore e la signora Micawber con la loro famiglia dovevano andar via da Londra, e che la nostra separazione era prossima. Fu durante il mio ritorno a casa quella sera, e nelle ore insonni che seguirono a letto, che per la prima volta mi sorse un pensiero – non so dire come mi saltasse in testa – un pensiero che dopo si concretò in una salda risoluzione.
      M’ero assuefatto ai Micawber, ed avevo così intimamente partecipato alle loro disgrazie, e mi sentivo così tristemente solo senza di loro, che al pensiero d’esser costretto a cercarmi un nuovo alloggio e di imbattermi ancora una volta in gente sconosciuta, avevo l’impressione, con la conoscenza e l’esperienza datemi dal mio genere di vita, d’esser trasportato alla deriva. Tutte le ferite crudeli dei miei sentimenti; tutta la vergogna e l’angoscia che mi dilaniavano divennero più strazianti; e ritenni che in quelle condizioni la vita fosse insopportabile.
      Che non vi fosse alcuna speranza di salvezza, se la salvezza non fosse venuta da me stesso, sapevo benissimo. Raramente avevo notizie della signorina Murdstone, e non mai del signor Murdstone; ma due o tre fagottini d’abiti fatti o rammendati m’erano arrivati, per mezzo del signor Quinion, e in ciascuno era stato inserito un pezzo di carta ove si diceva che G. M. sperava che D. C. si dedicasse con buona volontà al lavoro e facesse completamente il proprio dovere – e non il minimo cenno che io potessi esser mai altro che la perfetta bestia da soma che ero quasi diventato.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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