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      Per conseguenza, arrivata la sera del sabato, mentre tutti nel magazzino erano in attesa della paga, e Tipp, il vetturale, che aveva sempre la precedenza, s’era diretto alla cassa, io strinsi la mano a Mick Walker; e lo pregai, quando sarebbe stato il suo turno, di dire al signor Quinion ch’ero andato a fare il trasporto del mio baule in casa di Tipp; e, dicendo per l’ultima volta buona sera a Fecola di Patate, me la diedi a gambe.
      Il baule l’avevo ancora nella vecchia camera, sull’altra riva, e avevo scritto per esso un indirizzo su uno dei cartoncini che la nostra ditta inchiodava sulle casse: «Signorino Copperfield, da lasciar fermo fin quando sarà domandato, Ufficio della Diligenza, Dover». L’avevo pronto in tasca per metterlo sul baule, dopo averlo ritirato dal luogo dove stava; e mentre mi dirigevo a quella volta, guardavo intorno cercando qualcuno che potesse aiutarmi a portarlo all’ufficio di spedizione.
      V’era, fermo accanto all’ Obelisco, nella Blackfriars Road, un giovanottone dalle gambe lunghe con un carrettino vuoto al quale era attaccato un asino. Passandogli vicino, lo guardai con qualche insistenza; ed egli chiamandomi: «Mozzicone di sigaretta» s’augurò che «potessi riconoscerlo un’altra volta» – alludendo senza dubbio al mio sguardo insistente. Mi fermai per assicurarlo che non lo avevo fatto per male, ma soltanto nel dubbio che egli volesse o no incaricarsi d’un servizio.
      – Che servizio? – disse il giovanottone dalle gambe lunghe.
      – Portare un baule – risposi.
      – Che baule?


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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