– disse il giovanottone dalle gambe lunghe.
Gli dissi il mio, che era in quella via là, e che gli avrei dato dodici soldi se me l’avesse portato all’ufficio della diligenza di Dover.
– Vada per dodici soldi! – disse il giovanottone dalle gambe lunghe, e immediatamente saltò sul carretto, che era nient’altro che un gran vassoio di legno messo su delle ruote, e partì a una tale velocità, che io dovevo fare dei violenti sforzi per tenere il passo con l’asino.
C’era certa baldanza in quel giovane e specialmente nel modo di masticar un filo di paglia mentre parlava, che non mi piaceva molto; ma siccome il contratto era fatto, lo condussi su alla camera che lasciavo, e, portato il baule giù, lo mettemmo sul carro. Ora, non volendo mettere lì il cartoncino con l’indirizzo, per tema che la famiglia del padrone di casa s’accorgesse della mia intenzione e mi trattenesse, pregai il giovane di fermarsi quando fosse arrivato al muro di cinta della prigione di King’s Bench. Non avevo ancora finito di dire quelle parole, che si diede a correre precipitosamente come se lui, il baule, il carretto e l’asino fossero tutti egualmente invasi da un accesso di follia; e io non avevo più fiato per correre e gridargli dietro, quando lo raggiunsi nel punto stabilito.
Ansante ed agitato com’ero, cavando di tasca il cartoncino dell’indirizzo, mi venne in mano anche la mezza ghinea. Me la misi in bocca per maggior sicurezza, e benché le mani mi tremassero molto, ero già riuscito, con mia grande soddisfazione, a legare il cartoncino dell’indirizzo, quand’ecco mi sentii arrivare sul mento un pugno violento del giovanottone dalle gambe lunghe, e vidi la mezza ghinea che tenevo fra i denti volargli in mano.
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Dover King Bench
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