Ero già sconcertato abbastanza; ma fui tanto più sconcertato da quello strano contegno, che ero sul punto di svignarmela, per andare a riflettere sul partito da prendere, quand’ecco uscir dalla casa una signora col cappellino legato da un fazzoletto, e un paio di guanti da giardino alle mani, un grembiule con una tasca e un coltellaccio. La identificai immediatamente per la signora Betsey, perché veniva innanzi ritta e impettita, come mia madre me l’aveva così spesso descritta e quale era apparsa al nostro cancello di Blunderstone.
– Va’ via – disse la signora Betsey, scotendo il capo, e tagliando col coltello un’aerea costoletta. – Va’ via! Non voglio ragazzi qui.
Col cuore in sussulto, la vidi andare in un angolo del giardino e chinarsi a raccogliere delle piante. Poi, senza un filo di coraggio, ma con l’impulso della disperazione, entrai furtivamente, e fattomele da presso, la toccai con l’indice.
– Per carità, signora – balbettai. Ella diede un balzo, e levò gli occhi. – Per carità, zia.
– Eh? esclamò mia zia, con un atto di sorpresa del quale non ho mai visto l’eguale.
– Per carità, zia, io sono vostro nipote.
– Oh, Signore! – disse mia zia, e cadde a sedere nel viale.
– Io sono Davide Copperfield, di Blunderstone... dove voi eravate la sera che nacqui. Io sono stato molto disgraziato da quando è morta la mamma. Sono stato trascurato, e non mi s’è insegnato nulla, e mi s’è lasciato in balìa di me stesso, e sono stato messo a un lavoro disadatto per me. Son fuggito per venirvi a trovare.
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