Sono stato derubato per strada e ho camminato sempre a piedi, e da quando mi son messo in viaggio, non so più che sia il letto. – Qui, a un tratto, ogni forza mi venne meno, e con un gesto ai miei cenci, come per chiamarli in prova delle mie sofferenze, scoppiai in un torrente di lagrime, accumulatosi forse lentamente durante tutta la settimana.
Mia zia, senz’altra espressione che di stupore nel viso, continuava a seder fra la ghiaia, guardandomi fisso, finché non cominciai a piangere. Allora si levò in gran fretta, mi abbrancò per il collo, e mi trascinò nel salotto. Suo primo atto fu di aprire una specie di credenza monumentale, di cavarne parecchie bottiglie, e di versarmi un sorso del contenuto di ciascuna in bocca. Credo che le avesse prese a caso, perché è certo che assaporai acqua d’anice, salsa d’acciuga e condimento d’insalata. Quando m’ebbe somministrato quei rinfreschi, vedendomi ancora in preda al pianto e incapace di frenare i singhiozzi, mi mise sul canapè, con uno scialle sotto la testa e il fazzoletto, che già le legava il cappellino, sotto i piedi, per paura che insudiciassi la stoffa del mobile, e poi, sedendosi dietro la ventola verde già menzionata, in modo che non potevo vederla in faccia, esclamava di tanto in tanto: «Misericordia!», e le sue esclamazioni parevan salve d’un cannone che invocasse soccorso.
Dopo un poco suonò il campanello.
– Giannina – disse mia zia all’ingresso della domestica; – va’ su, da’ i miei saluti al signor Dick, e digli che desidero di parlargli.
| |
Dick
|