– Ah, Febo! – disse il signor Dick, deponendo la penna. – Come va il mondo? Ti debbo dire una cosa – egli aggiunse in tono più basso – non vorrei che si ridicesse, ma è un... – A questo punto mi chiamò a sé e mi si avvicinò all’orecchio: – È un mondo pazzo. Pazzo da manicomio, ragazzo mio! – disse il signor Dick, annusando del tabacco da una scatola rotonda sul tavolino, e scoppiando in una risata cordiale.
Non avendo la presunzione d’esprimere la mia opinione al riguardo, riferii il mio messaggio.
– Bene – disse il signor Dick, in risposta – restituiscile i miei saluti e dille che credo... credo di essere bene avviato... Penso d’essere bene avviato – disse il signor Dick passandosi la mano tra i capelli grigi, e dando un’occhiata poco fiduciosa al manoscritto. – Sei stato a scuola?
– Sì, signore – risposi; – per un po’ di tempo.
– Ricordi la data – disse il signor Dick, dandomi uno sguardo grave e prendendo in mano la penna per annotarla – di quando fu tagliata la testa a re Carlo I?
Dissi che credevo che fosse l’anno 1649.
– Bene – rispose il signor Dick, grattandosi l’orecchio con la penna e guardandomi con aria di dubbio – così dicono i libri; ma se il fatto successe tanto tempo fa, come mai la gente che gli stava intorno poté commettere l’errore di porre qui nella mia testa il disordine che egli aveva nella sua prima che gliela tagliassero?
La domanda mi sorprese molto, ma non potei dargli alcuna informazione su questo punto.
– È molto strano – disse il signor Dick guardando scoraggiato il manoscritto e con le mani tra i capelli – che io non possa mai venirne a capo, non possa mai chiarire perfettamente questo fatto.
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