.. Ma non importa, non importa! – disse allegramente, levandosi in piedi – c’è ancora tempo. I miei saluti alla signora Trotwood, vado innanzi abbastanza bene.
Feci per andarmene, quando egli richiamò la mia attenzione sull’aquilone.
– Ti piace quest’aquilone? – disse. Risposi che era bellissimo; e giudicai che fosse almeno d’un’altezza di sei piedi.
– L’ho fatto io. Lo faremo volare io e te. Vedi qui?
Mi mostrò che era coperto di una scrittura così fine e minuta, ma così chiara che, guardando fra le righe, mi parve di scorgervi, in uno o due punti, di nuovo qualche allusione alla testa di Carlo I.
– V’è molta corda – disse il signor Dick – e quando va in alto porta i fatti lontano lontano. È questa la mia maniera di diffonderli. Non so dove vadano a cadere... Naturalmente, secondo le circostanze, il vento, e così via, si sa.
Il suo aspetto era così dolce e simpatico e con qualche cosa di così rispettabile, benché con un certo riflesso di vivacità e di forza, che non sapevo s’egli volesse prendermi in giro. Così mi misi a ridere, ed egli si mise a ridere, e ci separammo i più buoni amici del mondo.
– Ebbene, piccino – disse mia zia, quando mi vide da basso – come sta il signor Dick questa mattina?
La informai che le mandava i suoi saluti e che andava innanzi benissimo.
– E tu che ne pensi di lui? – disse mia zia. Avevo una mezza idea di cercar di eludere quella domanda rispondendo che lo credevo un signore simpaticissimo; ma non era facile scavalcare mia zia, perché ella si mise il lavoro in grembo e disse, mettendovi le mani su:
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Trotwood Carlo I Dick Dick
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