Se avessi potuto credere che mia zia si fosse indugiata su questi particolari per mio speciale beneficio, e per un tratto particolare della sua fiducia in me, ne sarei stato molto solleticato, e avrei sperato molto da un simile sintomo della sua buona opinione. Ma difficilmente potevo fare a meno dall’osservare che s’era lasciata andare a quelle spiegazioni principalmente perché le era venuto in mente quell’argomento. Di me ella si curava poco: s’era rivolta a me, solo perché non c’era un altro che l’ascoltasse.
Nello stesso tempo, è mio dovere riferire che la sua generosa difesa del povero e innocuo signor Dick, non solo mi diede delle egoistiche speranze, ma mi accese il petto, disinteressatamente, di viva simpatia per lei. Credo che incominciassi a vedere che in mia zia v’era qualche cosa, nonostante le sue molte bizzarre stranezze, da onorare e rispettare. Benché quel giorno si trovasse nella stessa agitazione del giorno prima, e uscisse e entrasse continuamente a cagione degli asini, e fosse piombata quindi in uno stato di terribile indignazione per l’atto di un giovanotto, che, passando, aveva fatto gli occhi di triglia a Giannina affacciata alla finestra (uno dei più gravi attentati che si potessero commettere contro la dignità di mia zia), mi parve ch’ella mi ispirasse non solo timore ma rispetto.
L’ansia da me provata nel tempo che doveva necessariamente trascorrere prima che si potesse avere una risposta dal signor Murdstone alla lettera di mia zia, era vivissima; ma mi sforzai di soffocarla e di rendermi tranquillamente gradito e a mia zia e al signor Dick.
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