– Via di là – gridava mia zia dalla finestra, scotendo il capo e il pugno – voi non avete da far nulla qui. Come osate d’entrare in un terreno non vostro? Andate via, sfacciata.
Mia zia era così esasperata dalla freddezza con cui la signorina Murdstone si guardava intorno, che in verità credo ch’ella fosse rimasta immota e incapace per quel momento di correre fuori a precipizio secondo il solito. Colsi quell’occasione per dirle chi fosse la donna, e che il signore che in quell’istante raggiungeva la temeraria (perché la via era ripidissima ed era rimasto indietro) era il signor Murdstone in persona.
– Non m’importa chi sia! – esclamò mia zia, scotendo ancora il capo, e facendo dei gesti dalla finestra che non potevano scambiarsi per un benvenuto. – Non voglio che si entri sul prato, non lo permetto. Via di là! Giannina, caccialo, conducilo via! – E di dietro mia zia vidi una specie di breve mischia, nella quale l’asino resisteva a tutti con le zampe piantate verso i quattro punti cardinali. Mentre Giannina tentava di tirarlo per la briglia, il signor Murdstone colpiva Giannina con un parasole, e parecchi ragazzi, accorsi ad assistere alla battaglia, schiamazzavano rumorosamente. Scorgendo improvvisamente fra essi il giovane malfattore padrone dell’asino, che era uno dei suoi più inveterati nemici, benché non avesse che quindici o sedici anni, mia zia si precipitò sul teatro del l’azione, corse sul garzoncello, lo prese a pugni in testa, lo catturò, lo trascinò, con la giacca sul cranio e i tacchi che strisciavano al suolo, nel giardino, e gridando a Giannina di andare a chiamare le guardie e i magistrati perché lo arrestassero, lo processassero, lo giustiziassero sul posto, continuò a tenerlo stretto per non farselo scappare.
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