– Io sono dello stesso parere della signora Trotwood – osservò la signorina Murdstone, con atteggiamento altero – nel credere che la nostra compianta Clara fosse per ogni rispetto una semplice bambina.
— È una consolazione per voi e per me – disse mia zia – che siamo innanzi negli anni, e probabilmente non saremo rese infelici dai nostri vezzi personali, che nessuno possa dir lo stesso di noi.
– Certo – rispose la signorina Murdstone, benché senza slancio, credo. – E certamente sarebbe stato meglio, ma molto meglio, come voi dite, se mio fratello non avesse fatto un simile matrimonio: son sempre stata di questa opinione anch’io.
– Non ne dubito – disse mia zia. – Giannina – sonando il campanello – da’ i miei saluti al signor Dick, e pregalo di venir giù.
Finché non apparve il signor Dick, mia zia se ne stette più impettita e rigida che mai, aggrottando le ciglia verso la parete di fronte. Quando egli entrò, mia zia procedette alla cerimonia della presentazione.
– Il signor Dick, un vecchio e caro amico mio, sul cui giudizio – disse mia zia con energia, come un avvertimento al signor Dick che si mordeva l’indice e aveva l’aria sciocca – io faccio grande affidamento.
Il signor Dick si tolse il dito di bocca a quel cenno, e stette fra il gruppo con un’espressione del viso grave e intenta. Mia zia inclinò la testa verso il signor Murdstone, che continuò:
– Signora Trotwood, ricevendo la vostra lettera, ho considerato come un atto di maggiore giustizia verso me stesso e forse di maggior rispetto per voi.
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