– Questo è mio nipote – disse mia zia.
– Non sapevo che aveste un nipote, signora Trotwood – disse il signor Wickfield.
– Mio pronipote, cioè – corresse mia zia.
— Non sapevo che aveste un pronipote, vi assicuro – disse il signor Wickfield.
— L’ho adottato – disse mia zia, facendo con la mano un gesto, come a dire che le importava poco ch’egli sapesse o no dell’esistenza di questo pronipote – e l’ho condotto qui, per metterlo in una scuola dove possa essere bene istruito e ben trattato. Ora mi dovete dire dov’è questa scuola, e qual è, e tutte le informazioni necessarie.
– Prima di potervi ben consigliare – disse il signor Wickfield – voi sapete la mia solita domanda. Qual è lo scopo che vi muove?
– Il diavolo vi porti! – esclamò mia zia. – Sempre intento a pescare gli scopi, quando sono a fior d’acqua! Ebbene, quello di far contento e utile il ragazzo.
– Allora è uno scopo misto – disse il signor Wickfield, scotendo il capo e abbozzando un sorriso incredulo.
– Miste le vostre frottole – rispose mia zia. – Voi pretendete d’avere uno scopo chiaro e semplice in tutto ciò che fate. Ma non immaginate, spero, che voi siate l’unica persona al mondo che miri dritto innanzi a sé.
– Certo, non ho che uno scopo al mondo, signora Trotwood – egli soggiunse con un sorriso. – Gli altri ne hanno a dozzine, a centinaia, a migliaia. Io ne ho uno solo. Questa è la differenza. Ma questo non c’entra. Qual è la scuola migliore? Qualunque sia lo scopo, volete la migliore?
Mia zia accennò con la testa di sì.
– Nella migliore che abbiamo – disse il signor Wickfield, pensoso – vostro nipote non potrebbe essere ricevuto che come esterno.
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