Tentai parecchie volte di sottrarmi a quegli sguardi, sia col salire su una sedia a studiare una carta geografica all’altro lato della stanza; sia con l’immergermi nelle colonne d’un giornale della contea di Kent; ma quegli occhi mi attiravano di nuovo; e ogni volta che davo un’occhiata a quei due soli rossi, ero sicuro di vederli spuntare o tramontare subito.
Finalmente, con mio sollievo, dopo un’assenza piuttosto lunga, vidi mia zia e il signor Wickfield di ritorno. Il risultato delle loro ricerche, al contrario delle mie speranze, non era stato soddisfacente; poiché mia zia, sebbene non avesse nulla da ridire sui vantaggi della scuola, non aveva trovato convenienti le pensioni visitate.
– È una disdetta – disse mia zia. – Non so che fare, Trot.
– È un caso sfortunato – disse il signor Wickfield. – Ma vi dirò ciò che dovete fare, signora Trotwood.
– Che cosa? – disse mia zia.
– Per ora, lasciate qui vostro nipote. È un ragazzo quieto, e non mi darà alcun disturbo. E la mia è una casa perfettamente adatta allo studio. Tranquilla come un monastero; e quasi spaziosa quanto un monastero. Lasciatelo qui.
A mia zia evidentemente non dispiaceva la proposta, benché ella si facesse uno scrupolo di accettarla. Come anche a me.
– Su, signora Trotwood – disse il signor Wickfield. – Questo è il mezzo di superare le difficoltà. È un accomodamento transitorio. Se non funziona bene, o non s’accorda con la nostra convenienza reciproca, si lascia subito andare. Frattanto ci sarà sempre tempo di trovare al ragazzo un posto migliore.
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