Per ora, il meglio è di decidere di lasciarlo qui.
Vi sono molto riconoscente – disse mia zia – e anche lui, vedo; ma...
– Su! So che volete dire – esclamò il signor Wickfield. – Io non voglio costringervi ad accettare un favore, signora Trotwood. Se preferite, mi pagherete un tanto. Fisseremo di buon accordo la somma, e me la pagherete, se così vi piace.
– A questa condizione – disse mia zia – che non diminuisce la mia gratitudine, io sarò felicissima di lasciarlo.
– Allora venite a vedere la mia padroncina di casa – disse il signor Wickfield.
Ci avviammo quindi per una vecchia scalinata, addirittura meravigliosa; con una balaustrata così spaziosa che su di essa si sarebbe potuto salir quasi con la stessa facilità. Entrammo poi in un salotto vecchio e fosco, rischiarato da tre o quattro delle bizzarre finestre viste nella via, le quali avevano nei vani delle vecchie scranne di quercia, costruite forse con gli stessi alberi che avevano dato le grosse travi del soffitto e il pavimento lucente. Era una stanza squisitamente arredata con un pianoforte e alcuni bei mobili splendenti di rosso e di verde, e con fiori. Sembrava fatta tutta d’angoli e cantucci, e in ogni angolo o cantuccio c’era o un bizzarro tavolinetto, o un armadietto, o uno scaffale di libri, o una sedia, o questo o quell’oggetto, che mi faceva pensare che non vi fosse nella stanza un cantuccio più grazioso; quando, guardando in giro, ne scoprivo uno simile, se non più leggiadro. V’era da per tutto la stessa aria di raccoglimento e di nettezza squisita notata al di fuori.
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Wickfield Trotwood Wickfield
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