Mia zia era come me lieta della decisione presa, e ritornammo giù nel salotto contenti e soddisfatti. Siccome non volle a nessun costo rimanere a desinare, per tema di non arrivare a casa col cavallino prima di sera; e siccome il signor Wickfield la conosceva benissimo per neppure tentar di persuaderla, le fu servita una merendina lì stesso. Così Agnese ritornò dalla sua governante, il signor Wickfield nel suo studio, e noi fummo lasciati soli per dirci liberamente addio.
Mia zia mi disse che il signor Wickfield avrebbe pensato per me a tutto, e che non mi sarebbe mancato nulla, ed aggiunse le parole più affettuose e i consigli più saggi.
– Trot – disse mia zia concludendo – cerca di fare onore a te stesso, a me e a Dick, e che il Cielo sia con te.
Io ero profondamente commosso, e non potei che ringraziarla più e più volte, e mandare i miei saluti affettuosi al signor Dick.
– Non commettere mai bassezze – disse mia zia; – non mentire mai; non esser mai crudele. Sfuggi questi tre vizi, Trot, e tu mi darai sempre delle buone speranze.
Promisi, come meglio potei, che non avrei mai abusato della sua bontà, e non mai dimenticato i suoi avvertimenti.
– Il cavallino è alla porta – disse mia zia – e io vado. Rimani pur qui.
Con queste parole, m’abbracciò in fretta, e uscì, tirandosi la porta dietro. In principio fui un po’ sorpreso da una partenza così improvvisa, e quasi temei d’averla offesa in chi sa che cosa; ma quando m’affacciai alla finestra e la vidi salire afflitta nella vetturetta, e allontanarsi senza levar gli occhi, la compresi meglio, e non le feci quella ingiustizia.
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