Volgendo su me un occhio smorto, che mi evocò il ricordo d’un cavallo cieco che avevo da molto tempo dimenticato e avevo visto errare al pascolo e inciampare fra le tombe del cimitero di Blunderstone, mi disse ch’era lieto di vedermi; e mi diede una mano, della quale non sapevo che farmi, perché rimaneva pesante e inerte.
Ma occupata a lavorare, non discosta dal dottor Strong, c’era una giovane donna molto bella – che egli chiamava Annie, e ch’io supposi fosse sua figlia – la quale mi trasse d’imbarazzo con l’inginocchiarsi a metter le scarpe al dottor Strong, e ad abbottonargli le uose, atti ch’ella eseguiva con la maggiore alacrità e rapidità.
Quand’ebbe finito, e noi ci avviammo alla sala della scuola, fui molto sorpreso nel sentire il signor Wickfield, che le diceva arrivederci, chiamarla signora Strong. Mi domandavo se non fosse la moglie di un figlio del dottor Strong, allorché questi inconsapevolmente m’illuminò.
– A proposito, Wickfield – egli disse, fermandosi in un corridoio e tenendomi una mano sulla spalla; – non avete ancora trovato un posto adatto per il cugino di mia moglie?
– No – disse il signor Wickfield. – No, non ancora.
– Vorrei che fosse fatto al più presto possibile, Wickfield – disse il dottor Strong – perché Jack Maldon è bisognoso e fannullone; e da queste due cose cattive, a volte, nascono cose peggiori. Dice il dottor Watts – aggiunse guardandomi e scotendo il capo durante la sua citazione: – «Satana trova sempre lavoro per le mani oziose».
– Ah, dottore!
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