Dissi «Sì» con baldanza; non che ne sapessi nulla, il Cielo mi perdoni.
– Spero che l’abbiate anche voi, signorino Copperfield – disse Uriah. – Ma son certo che l’avete.
– Tutti debbono averla – risposi.
– Oh, grazie, signorino Copperfield – disse Uriah Heep – per ciò che dite. È la verità. Modesto come sono, so che è la verità. Oh, grazie, signorino Copperfield!
Nell’esaltazione del suo sentimento si contorse fino a discendere dallo sgabello; e, trovandosi in piedi, cominciò a prepararsi per andarsene a casa.
– La mamma starà aspettandomi – disse, alludendo all’orologio dal pallido quadrante che aveva tratto di tasca – e sarà in pensiero; perché, sebbene molto modesti, noi ci vogliamo un gran bene, signorino Copperfield. Se voleste venire a trovarci, in qualche pomeriggio, per bere una tazza di tè nella nostra modesta dimora, la mamma sarebbe, come me, orgogliosa della vostra compagnia.
Dissi che sarei stato contento di andare.
– Grazie, signorino Copperfield – rispose Uriah, riponendo il libro nello scaffale. – Vi fermerete, credo, per qualche tempo qui, signorino Copperfield?
Dissi che credevo che sarei rimasto lì, finché fossi andato a scuola.
– Oh, veramente! – esclamò Uriah. – Credo che finirete col diventar socio dello studio, signorino Copperfield!
Protestai che non avevo uno scopo simile, e che nessuno ci aveva pensato minimamente; ma Uriah insistette col rispondere blandamente a tutte le mie assicurazioni: «Oh sì, signorino Copperfield, credo che certo sarà così», e, «Oh veramente, signorino Copperfield, credo che certo sarà così!» una volta, e due, e sempre.
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