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      Adams, il nostro caposquadra, che aveva inclinazione per le matematiche, aveva fatto un calcolo, appresi, del tempo occorrente al lavoro del dizionario, secondo il progetto del dottore, e la velocità del dottore. Calcolava che si sarebbe potuto finire in milleseicentoquarantatré anni, a contare dall’ultimo genetliaco del dottore, o dal suo sessantaduesimo anno d’età.
      Ma il dottore era l’idolo di tutta la scuola – se fosse stato altrimenti, sarebbe stata una pessima scuola – perché egli era il miglior uomo del mondo, con una fede ingenua, che avrebbe commosso perfino i cuori di pietra delle urne del muro di cinta. Mentre egli passeggiava su e giù in quella parte del cortile presso la cancellata, seguito dalle cornacchie e dai corvi sbandati che se lo ammiccavano maliziosamente, come per dirsi che nelle faccende del mondo ne sapevano molto più di lui, se un vagabondo qualunque poteva avvicinarsi tanto da attrar l’attenzione di lui su una frase di un racconto di miseria, quel vagabondo se n’andava ben provveduto almeno per un paio di giorni. E la cosa era così nota nell’istituto, che gl’insegnanti e i capisquadra si affannavano alle cantonate a sbarrare il passo a quei bricconi, e perfino a saltar dalle finestre per cacciarli dal cortile, prima che fossero stati scorti dal dottore: e questo a volte si svolgeva a pochi passi da lui, mentre trotterellava su e giù, senza ch’egli si accorgesse di nulla. Fuori dei suoi domini, e indifeso, era assolutamente una pecora per i tosatori. Si sarebbe tolto le uose per darle a chi gli chiedeva qualche soccorso.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261