Il dottore leggeva, con un sorriso di compiacenza, qualche spiegazione manoscritta o parte del disegno del suo interminabile dizionario; ed ella aveva gli occhi su di lui. Ma con un’espressione che io non le avevo mai veduta. Il suo viso era ancor bello, ma così cinereo, così lontano dal presente, così pieno d’un selvaggio, fantastico orrore di non so che. Aveva gli occhi spalancati, e i capelli bruni le cadevano in due ricche trecce sulle spalle e sulla veste bianca, priva del nastro sparito. Non so dire che esprimesse quel suo sguardo, che ricordo distintamente. Neanche ora che ho un giudizio più maturo, so dire che esprimesse. Pentimento, umiliazione, vergogna, orgoglio, amore e fedeltà... vedevo tutti questi sentimenti, e in tutto scorsi l’orrore di non so che.
Il mio ingresso e la mia domanda la scossero. Scossero anche il dottore che, quando rientrai a rimetter la candela dove l’avevo presa, stava carezzando, con un gesto paterno, i capelli della moglie, dicendole ch’egli era un bruto crudele a tenerla lì e ad annoiarla con le sue carte nell’ora ch’ella sarebbe andata più volentieri a letto.
Ma ella lo pregò, insistentemente, di lasciarla stare... Per sentirsi sicura (la sentii sussurrare delle frasi interrotte) della fiducia di lui. E, voltandosi di nuovo al marito, dopo che m’ebbe seguito alla porta con un’occhiata, gli abbracciò le ginocchia, e si mise a guardarlo, mentr’egli ripigliava la lettura, con la stessa espressione, un po’ più calma.
N’ebbi una grande impressione, e me ne ricordai un bel pezzo dopo, come avrò a suo tempo occasione di narrare.
| |
|