Egli sapeva tagliar le arance in cento maniere diverse per noi incomprensibili. Sapeva fare una barca con qualunque cosa, perfino con uno spiedo; tagliare i pezzi degli scacchi nell’osso delle costolette; foggiare cocchi romani nelle carte vecchie; fare delle ruote raggiate coi rocchetti di refe; e gabbie di uccelli col vecchio filo di ferro. Ma era assolutamente, prodigioso negli oggetti che costruiva con la paglia o con lo spago; tanto che eravamo persuasi che con quei soli materiali egli potesse costruire tutto ciò che è possibile fare con mani d’uomo.
La fama del signor Dick varcò in breve i nostri confini. Dopo alcuni mercoledì, il dottor Strong mi chiese informazioni su di lui, e io gli dissi ciò che m’aveva detto mia zia: e questo interessò tanto il dottore che mi chiese d’essere presentato al signor Dick, in occasione della sua prossima visita. E io feci la presentazione. Avendo poi il dottore pregato il signor Dick di venire, se non mi trovasse nell’ufficio della diligenza, difilato alla scuola a riposarsi e ad aspettare la fine della lezione, il signor Dick prese l’abitudine di venire naturalmente, e, se eravamo un po’ in ritardo, come spesso accadeva il mercoledì, di entrare addirittura nel cortile ad attendermi. Ivi fece la conoscenza della bella e giovane moglie del dottore (più pallida di prima, in tutto quel tempo; veduta più di rado da me e da tutti; non più così lieta, ma non meno bella), e così gradatamente si rese sempre più familiare del luogo, e quindi entrò senz’altro nella scuola ad aspettarmi.
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