Ma, a metà strada, incontro la diligenza di Londra col signore e la signora Micawber sull’imperiale; il signor Micawber, che sembrava il ritratto del tranquillo godimento, col collo di una bottiglia che gli usciva dalla tasca interna della giacca, e nell’atto di sorridere alle parole della signora Micawber, la quale mangiava noci da un cartoccio. Siccome essi non mi videro, pensai bene, tutto considerato, di non vederli. Così, toltomi un gran peso dallo stomaco, infilai un vicolo che menava dritto a scuola, respirando, in fin dei conti, benché mi stessero vivamente a cuore, per quella loro risoluzione.
XVIII.
UNO SGUARDO AL PASSATO
I miei giorni di scuola! Lo scorrer silenzioso della mia esistenza... l’occulto, inavvertito sviluppo della mia vita... dalla infanzia alla giovinezza! Che io vegga, mentre do uno sguardo a quella fluente acqua, che ora non è più che un letto asciutto tutto coperto di foglie, se non vi sian tracce lungo le sponde che mi ricordino il suo corso.
Un momento, ed occupo il mio posto nella Cattedrale, dove andavamo tutti quanti, la domenica mattina, raccogliendoci con quello scopo prima a scuola. L’odor di terra, l’aria senza sole, la sensazione del mondo chiuso al di fuori, il suono dell’organo a traverso le navate e le gallerie arcuate bianche e nere, sono ali che mi riportano indietro, e mi libran su quei giorni, in una specie di dormiveglia.
Io non sono l’ultimo della scuola. In pochi mesi, mi son levato su parecchie teste. Ma il primo della scuola mi sembra uno spirito possente, giunto a grande lontananza, a un’altezza vertiginosa e inaccessibile.
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