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      Aveva il mento poggiato sulla spalla del cocchiere, e m’era così vicino che il suo respiro mi vellicava il collo; e mentre io mi voltavo per (guardarlo, egli dava una sbirciatina ai cavalli con l’occhio buono, in maniera di profondo conoscitore.
      – Non è vero? – chiese Guglielmo.
      – Che cosa? – disse il signore di dietro.
      – Che avete allevato i puledri del Suffolk all’ingrosso?
      – Sicuramente – disse il signore. – Non vi son razze di cavalli o razze di cani che io non abbia allevate. Per certuni i cavalli e i cani rappresentano un capriccio. Per me sono mangiare e bere... casa, moglie e bambini... leggere, scrivere e far di conti... tabacco da naso, tabacco da fumo, e sonno.
      – Un uomo simile non può stare a sedere dietro il cocchiere, non vi pare? – mi disse Guglielmo all’orecchio, scotendo le redini.
      Trassi da questa osservazione l’indicazione che gli si dovesse dare il mio posto; e, arrossendo, offersi di cederlo.
      – Bene, se non ci tenete, signore – disse Guglielmo – credo che sarebbe più decoroso.
      Ho considerato quella cessione come il mio primo insuccesso nella vita. Quando avevo pagato il mio posto nell’ufficio della diligenza, era stato scritto «Seggio del conduttore», accanto al mio nome, e avevo dato all’impiegato mezza corona. M’ero messo un soprabito speciale e uno scialle, appunto per far onore a quel seggio eminente; mi c’ero pavoneggiato un bel pezzo con la persuasione di non far sfigurare la diligenza. Ed ecco che alla prima tappa venivo soppiantato da un individuo male in arnese e con un occhio guercio, che non aveva altro merito che l’odore del letame e la capacità, più di una mosca leggera che di un essere umano, di saltar al disopra di me, mentre i cavalli erano lanciati a galoppo.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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